Quale paese?

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di Ludovica Di Meglio –

– Che cos’è che fa, di un paese, un paese? La terra, senza dubbio: la terra, da secoli, è considerata sacra per la gente che la abita. Quindi, indubbiamente, abbiamo la gente.

Questo ragionamento mi piace perché, a pensarci, in principio doveva essere realmente così: c’era una terra e c’era della gente che la occupava. Queste persone, sin dal principio intendo, non devono averla occupata in maniera passiva, perché oggi sappiamo che oltre alla terra ed alla gente il paese è fatto da una manciata di altre cose; dico manciata perché, in fondo, non sono richieste tante cose ad un paese per essere paese. Così, su due piedi, mi verrebbe da citare le istituzioni, quindi un comune; i servizi, almeno quelli essenziali come forniture, sanità e trasporti; infine la scuola, quantomeno quella dell’obbligo, che non è che la declinazione moderna di una società che tramanda cultura e valori alle nuove generazioni per non estinguersi nell’oblio.

Ecco, può darsi abbia tralasciato qualcosa, ma credo che in generale questi siano i pilastri, le colonne portanti, sui quali un paese può reggersi e sul quale può crescere e prosperare una società civile. E’ questo il substrato su cui dovrebbero innestarsi gli istituti della produzione e del commercio in qualsivoglia declinazione. Non per bigottismo, ma per pragmatismo: il commercio di beni e servizi e, nello specifico di Capri, il turismo, sono come l’ultimo piano di un sontuoso grattacielo. Rappresentano quindi quello che è forse il piano più prestigioso, ambito e, massì, forse anche il più interessante. I pilastri che lo sorreggono, però, sono il paese vero e proprio. Sono quelli che fanno un paese paese e che fanno sì che un grande albergo, un villaggio turistico o uno sconfinato agriturismo non siano un paese e che la Città di Capri lo sia.

Con questa premessa che, a questo punto, posso solo sperare non sia campata in aria, mi chiedo: come si giudica la salute di un paese? Sentiamo spesso parlare di indici economici, ma cosa succede ad un paese quando i servizi come trasporti e sanità sono in stato di emergenza, le istituzioni latitano e la scuola si sgretola e non trova posto?

Rischiando di sembrare melodrammatica, da consigliera di questo comune mi domando se il nostro paese potrà sopravvivere senza licei. Se chiusi i cinema, le scuole, i centri sportivi e poi le botteghe, i ristoranti e gli alberghi grandi e piccoli, non si arrivi al giorno che sia lo stesso Comune di Capri a chiudere quando termina la stagione estiva. Mi domando se non valga la pena di lottare per tenerci stretti le scuole, se non si possa fare di più per fermare la diaspora degli studenti liceali, se non sia il caso di aprire il dibattito su quanto valore abbia la scuola superiore per il diritto di questa terra a chiamarsi paese. A chi risponde che presto sorgerà un mega polo scolastico nel vicino ed amico Comune di Anacapri, a soli 10 minuti di autobus (che partono ogni quanto?), vorrei chiedere: perché? Perché il vicino Comune di Anacapri è capace di dare priorità ad un centro multimediale per studenti e residenti, per centri sportivi, servizi accessori, scuole e tutto quello che fa di un paese un paese, mentre noi dobbiamo delegare con l’alibi che per avere tutto questo, in fondo, basta prendere un autobus? Qual è il disegno amministrativo dietro tutto questo? Consciamente o inconsciamente trasformare il Comune di Capri nella periferia di lusso di un Paese, con la «p» maiuscola, facilmente raggiungibile? In un villaggio turistico che con l’avvento dell’autunno tanto vale che spenga anche l’illuminazione delle strade, per quanto desolante e abbandonato?

Ben venga che il Comune metta su Infopoint per i turisti o organizzi spettacoli estivi per i nostri ospiti, siamo pur sempre una comunità votata all’accoglienza, ma non può essere questa l’unica vocazione di un’amministrazione. Imprenditori, commercianti, e professionisti del settore già ricoprono quel ruolo, che il Comune prenda in mano la situazione di questo paese malato e ripristini una comunità! Io, personalmente, direi di ripartire dai ragazzi, trovando immediatamente una sede unica e dignitosa per il liceo: sopportiamo pure i disagi di trasporti precari e di un ospedale in perenne stato di carenza, ma non sopporterei di derubare i ragazzi dell’esperienza di appartenere ad una Scuola, è un’esperienza troppo importante, troppo cruciale nella formazione di una persona. Sgretolare una scuola è un crimine, poniamogli fine.

 

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